Il filosofo Emanuele Severino nella sua “La filosofia contemporanea” (1) dice che il neopositivismo è “lo sforzo più radicale nel sostenere la tesi che la razionalità umana coincide con la razionalità scientifica”.
Gli esponenti di questa corrente di pensiero furono vari e molto originali e creativi nelle loro posizioni, ma tutti convergono in un punto che è quello di escludere dal discorso razionale ogni affermazione che vada al di là dell’esperienza, che non trovi cioè conferma nella concretezza dei fatti empirici, e che si ponga al di fuori delle conoscenze proprie della scienza (metafisica).
Negli anni ’20 del secolo scorso tutti o quasi di questi personaggi si riunirono in quello che viene chiamato il ‘Circolo di Vienna’, fondato dal filosofo e fisico Moritz Schlick. L’obiettivo del Circolo di Vienna fu quello di unire filosofi e scienziati per tratteggiare una “concezione scientifica del mondo”.
Ci sono termini equivalenti per indicare la stessa corrente di pensiero:
Nel 1910-1913 Bertrand Russell, che può essere considerato un progenitore del neopositivismo, ha scritto i Principia matematica, in cui sostiene che non c’è un confine netto tra la logica classica (quella basata sui principi di non contraddizione e di bivalenza) e la matematica. La matematica ha basi logiche (la concezione del logicismo era stata già introdotto da Frege nel 1900).
Questo movimento si è sviluppato intorno a due gruppi:
I neopositivisti di Vienna condividevano la tesi di Wittgenstein che la metafisica non esiste.
Nel 1936 Schlick viene assassinato sulle scale dell’università di Vienna da uno studente nazista. L’anno dopo i tedeschi invadono l’Austria e la annettono; i neopositivisti si disperdono (soprattutto in America).
Le tesi condivise da tutti i neopositivisti di Vienna possono essere identificate in 4 punti:
Oltre a questi quattro punti (individuati proprio nel loro Manifesto scritto in francese) troviamo altri aspetti. In primo luogo la conferma della tesi positivista che la scienza rappresenta l’unico modello valido di conoscenza e poi il principio di verificazione.
I neopositivisti condividono tale principio che afferma che una proposizione è dotata di significato se e solo se è verificabile in linea di principio. Il problema del significato ha una grande importanza. La tesi di fondo di Wittgenstein era: “la metafisica è priva di significato”. Per i neopositivisti il principio di verificazione era la logica conseguenza dell’idea di Wittgenstein. Non si possono infatti verificare frasi come “Dio esiste” oppure “la nota do è azzurra” che sono due frasi grammaticalmente corrette, ma di cui non si può dire se sono vere o false e sono perciò prive di significato. I neopositivisti ritengono significative solo le frasi verificabili. L’importante non è che la frase sia verificata di fatto, ma che si possa verificare, almeno in linea di principio.
Non si sa da dove si desume la verità di tale principio, dato che nessuno può provare che c’è questa equivalenza tra l’insieme (infinito) di tutte le proposizioni verificabili e quello, altrettanto infinito, di quelle significative. Uno potrebbe certo sostenere che il principio sia un assioma, ma allora qualcuno può anche non essere d’accordo nell’accettarlo.
Ci si chiede se il principio di verificazione sia verificabile e quindi se abbia significato. Non posso verificarlo e quindi si cade nel paradosso: il criterio di significato scelto dai neopositivisti è un criterio che non ha significato.
Nonostante le accuse alcuni neopositivisti si difendono dicendo che da qualcosa si deve pur partire e che quindi considerano il principio di verificazione una convenzione.
Wittgenstein nel Trattato aveva distinto le proposizioni con significato in 3 categorie:
Secondo i neopositivisti non esistono giudizi sintetici a priori perché il giudizio o è analitico (tautologia) o è sintetico a posteriori.
Questa teoria porta dei problemi: prendiamo la legge “tutti i corvi sono neri”. I casi sono infiniti, nel senso che i corvi osservabili sono potenzialmente infiniti (non solo quelli attualmente esistenti, ma anche quelli del futuro) e quindi non si può controllare. Una legge scientifica non può essere ricondotta a proposizioni sintetiche a priori, né analitiche (cioè le tautologie e in particolare le proposizioni della matematica e della logica) né contraddittorie.
Ci si chiede dunque: ma allora le leggi scientifiche della fisica o della biologia sono prive di significato? Se fosse così davvero tutta le scienza sarebbe priva di significato.
Se perciò non esistono i giudizi sintetici a priori è necessario che i neopositivisti trovino una spiegazione del significato che hanno le leggi scientifiche. Abbiamo quindi 3 ipotesi:
Popper risolve il problema dicendo che noi non possiamo sapere se una legge scientifica è vera, perché la scienza è fatta da congetture, quindi lo scienziato può solo falsificare una teoria. Non mi bastano infinite osservazioni per dire che una legge è vera, ma mi basta un’osservazione contraddittoria alla legge per falsificarla. Ne risulta che non c’è mai una verità nella scienza e che la scienza non dà certezze.
Il neopositivismo ha esercitato un largo fascino anche tra gli scienziati oltre che i filosofi. La cosa interessante era la possibilità di abbinare il principio secondo il quale tutta la conoscenza è empirica e la logica. Questo abbinamento era visto come il modo per portare a una conoscenza certa.
Ci sono stati dei tentativi da parte di Hintikka e Carnap di salvare l’induzione: hanno elaborato dei sistemi di logica induttiva in modo da determinare dei casi in cui la probabilità di una legge, cioè di un asserto universale, è minore di 0 (considerando però insiemi finiti).
(1) Emanuele Severino, La filosofia contemporanea, Rizzoli, Milano 1986, pag. 207.
Nella prima metà del Novecento, in particolare a Vienna si ha la ripresa del Positivismo, viene ora chiamato in vari modi: Neopositivismo (a causa dell’attaccamento alla razionalità scientifica come base della conoscenza umana ma in modo più critico e meno dogmatico), Positivismo Logico (molto attenti alla formulazione dei concetti e alla struttura logica delle teorie), Neoempirismo o Empirismo Logico (costruiscono e verificano tutte le teorie a partire dai dati empirici dell’esperienza)
Il circolo era composto da filosofi, sociologi, psicologi e scienziati, della più varia estrazione sociale.
Il primo Circolo di Vienna, nato nel 1907, non ebbe molta rilevanza fino al 1914, quando si sciolse a causa della guerra. Si ricompose poi nel 1924 sempre a Vienna con personaggi più importanti, e venne particolarmente influenzata dal Tractatus Logico-philosophicus di Wittgenstein. Fra questi filosofi troviamo Schlick, filosofo austriaco, Carnap, tedesco, forse il più importante, e Neurath, tedesco.
Dal 1924 ebbe una grande influenza che comportò la fondazione del Circolo di Berlino e la diffusione della corrente filosofica del Neopositivismo in giro per l’Europa e gli Stati Uniti.
Le nuove idee instillate da Wittgenstein culminarono nella pubblicazione di un manifesto programmatico nel 1929.
A causa del nazismo però questo Circolo fu costretto a dissolversi e i suoi componenti a fuggire, anche se molti vennero uccisi.
Il fondamento teorico del circolo di Vienna è il Principio di Verificabilità, elaborato da Schlick nel 1924, il quale asserisce che una questione o un problema è risolvibile se possiamo immaginare le esperienze che dovremmo avere per dargli una risposta.
Il Criterio di Verificabilità/Significanza afferma che una proposizione ha senso se è verificabile empiricamente anche solo in linea di principio
Secondo Schlick il mondo si fonda su dati empirici, quindi ci devono essere teorie che mettono insieme i dati per relazione, che però devono essere verificabili (qua supera Wittgenstein).
Il Principio di Induzione afferma che per formulare leggi generali si debba partire da dati empirici, che si debbano utilizzare delle ipotesi e che si debba poi verificare attraverso gli stessi dati empirici, tutto ovviamente formulato in maniera corretta e logica
La filosofia ha lo scopo di verificare le proposizioni logiche, delle quali dovranno essere chiarite quali hanno senso e quali no, separandole da quelle scientifiche: Criterio di Demarcazione tra scienza e non scienza.
Sotto la critica di Popper il circolo di Vienna ammette che questa concezione sia eccessiva, e che il criterio debba essere usato per discernere fra scienza e non-scienza, non fra senso e non senso.
Carnap attenua inoltre il Principio di Verificabilità in Principio di Conferma: la scienza si fonda su un procedimento induttivo, arrivo ad ipotesi generali e poi si ritorna alla verifica dei fatti.
Riprendere empirismo (Locke) ci basiamo sull’esperienza.
https://www.skuola.net/filosofia-contemporanea/circolo-vienna.html